Aggiornato al: 03/03/23

Per semplificare è stata chiamata “Direttiva Case Green”, ma il nome tecnico è Energy Performance of Buildings Directive (EPBD).

Oggetto di attenzioni e discussioni nel recente periodo, la norma sulle performance energetiche degli edifici ha ricevuto dalla Commissione per l’Industria, la Ricerca e l’Energia del Parlamento europeo il primo riscontro positivo alla proposta di revisione della direttiva stessa.

Completato questo passaggio, l’iter prevede ora vari step: la norma verrà vagliata a marzo dal Parlamento Europeo, per essere poi sottoposta al Trilogo – al negoziato tra Parlamento, Commissione e Consiglio – con l’obiettivo di arrivare all’approvazione finale entro l’estate.

Se la direttiva finale deve quindi ancora essere ufficializzata, ad essere certi sono gli obiettivi che si intendono raggiungere con la norma: ridurre le emissioni di gas serra provenienti dall’immobiliare, che – secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente – ne è responsabile per il 36%, nonché favorire l’efficienza energetica di un settore a cui si attribuisce il 40% del consumo di energia. Rendere il settore climaticamente neutro entro il 2050 è il fine ultimo del processo di rinnovamento.

 

Cosa prevede la norma per gli edifici residenziali

Secondo il testo approvato il 9 febbraio in Commissione, gli edifici residenziali dovranno raggiungere una classe energetica minima di tipo E entro il 2030 e D entro il 2033. Si anticipano invece le scadenze per gli edifici non residenziali e pubblici a cui è chiesto il raggiungimento delle stesse classi energetiche rispettivamente entro il 2027 e il 2030 (la proposta della Commissione è stata F ed E).

 

Cosa è previsto per gli edifici di nuova costruzione

La scadenza più importante per questa categoria è il 2028, quando tutti gli edifici privati di nuova costruzione dovranno essere Zero Energy Building, cioè a zero emissioni, con un anticipo al 2026 per tutti gli immobili occupati, gestiti o di proprietà degli enti pubblici.

Il 2028, secondo la bozza, è anche l’anno entro cui sui nuovi immobili dovranno essere installate tecnologie solari, fatta eccezione per quei casi in cui l’operazione non sia idonea o non possa essere messa tecnicamente in atto.

Avranno invece tempo fino al 2032 i palazzi o le case sottoposti a ristrutturazioni importanti. L’altra novità che dovrebbe riguardare gli edifici di nuova costruzione o in fase di sostanziale rifacimento fa riferimento all’uso di combustibili fossili negli impianti di riscaldamento: l’utilizzo dovrebbe decadere già dalla data di recepimento della direttiva, ma la linea resta che i combustibili fossili non saranno più autorizzati per riscaldamento e gestione degli edifici entro il 2035.

 

Chi sono gli esclusi?

Dalla Direttiva sono quasi certamente esclusi i monumenti. Spetterà ai singoli Paesi se decidere di escludere anche: gli edifici dal valore architettonico o storico, edifici tecnici, chiese e luoghi di culto, alloggi pubblici sociali, dove i lavori di ristrutturazione porterebbero ad aumenti degli affitti.

 

La proposta di revisione stabilisce così gli obiettivi condivisi ma non fissa sanzioni. Dopo l’approvazione prevista per l’estate, la palla passerà agli Stati membri. Saranno i singoli a definire, oltre alle eventuali esenzioni, anche misure e incentivi necessari per raggiungere i target stabiliti. Dal momento dell’approvazione, l’Italia e gli altri Paesi UE avranno due anni di tempo per adeguarsi.